Vai al contenuto

Otello

INGRESSO: 4€ intero/ 3€ ridotto

Franco Zeffirelli è fra i massimi rappresentanti del genere. Se non “il” campione poco ci manca. Il film-opera si attaglia alle sue qualità di artista di temperamento, erede della lezione di Luchino Visconti. Al suo virtuosismo, al suo gusto e alla sua sensibilità. Ma non arriva per primo. Nel senso che la carriera cinematografica di Zeffirelli decolla nel 1957 ma bisogna aspettare il 1983 (nel frattempo ha girato sette titoli) perché si concretizzi l’operazione. Nel 1983 sarà Traviata a rompere il ghiaccio, tre anni dopo tocca al moro, Otello. Sempre Verdi. Dirà il regista: “Traviata è l’amore condannato dalla ipocrisia borghese che impone a una donna di azzerare i suoi sentimenti, di sacrificare i suoi sogni di speranza, la sua voglia di libertà. Otello è invece una tragedia della maturità. Mi interessa indagare quei moti che sconvolgono la vita delle persone, quando non sono più giovani. Otello è una tragedia nel senso che Desdemona ama mossa da sentimenti che sono quelli della sua età, mentre Otello che è un uomo adulto si scopre più vulnerabile. Le calunnie di Iago faranno il resto, fino alla disfatta”. Protagonisti Placido Domingo e Katia Ricciarelli, Zeffirelli esercita tutti gli effetti “speciali” del suo mestiere, affidato a una sorta di gigantismo spettacolare, tanto sfrenato quanto visivamente frastornante. La musica di Verdi e il libretto di Arrigo Boito sono rispettati con qualche libertà: vedi l’aggiunta di alcune danze, vedi alcuni tagli, fra cui la “Canzone del Salce”. Lo spazio della fortezza di Cipro il regista lo trova nelle sale del castello di Barletta in Puglia, passerella ideale per gli intrighi e le rivelazioni del dramma, magnificamente fotografata da Ennio Guarnieri e sontuosamente ridisegnata da Gianni Quaranta. Una storia che Zeffirelli mette in scena con inaudito sfarzo coreografico, ottica da grand opera, per un cinema in formato deluxe, da lanciare sul mercato internazionale (e difatti produce la Cannon).

Introduce il critico Gabriele Rizza.

FacebookTwitterWhatsAppEmail