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20 Febbraio-29 Maggio 2023

Akira Kurosawa – Anatomia de L’imperatore

Il maggiore cineasta giapponese del XX secolo, tra i pochi in grado di influenzare il panorama mondiale della settima arte. Akira Kurosawa sarà protagonista di una retrospettiva in 10 appuntamenti, da febbraio a maggio a La Compagnia.

Detto “l’imperatore” per la decisione con la quale dirigeva attori e troupe sul set, Akira Kurosawa è da più parti considerato come il maggiore cineasta giapponese del XX secolo, tra i pochi in grado di influenzare il panorama mondiale della settima arte.

Nel suo cinema convivono la tradizione giapponese e l’influenza della cultura occidentale. Da una parte Kurosawa è discendente da una famiglia di samurai, legge e conosce in modo approfondito i classici della letteratura, della poesia e del teatro tradizionale giapponese, li rievoca con vigore ed originalità, sviscerando conflitti e ombre del XVI secolo, i giochi di potere e le bassezze dell’uomo (Rashomon, I sette samurai, Kagemusha, Ran). Dall’altra guarda ad ovest rivisitando drammi shakespeariani (Il trono di sangue, Ran), i classici russi (L’idiota, Bassifondi) o i moderni noir statunitensi (Anatomia di un rapimento). Uniche costanti sono le innate doti tecniche e il talento compositivo di un regista che ha saputo usare la cinepresa come pochi altri, adattando volta per volta il proprio stile alla materia trattata. I debitori nel cinema occidentale sono stati molti, alcuni riconoscenti altri meno.

Da febbraio a maggio, in questa nuova rassegna monografica, ripercorriamo a La Compagnia la filmografia de l’imperatore sul grande schermo. 10 tappe per 10 proiezioni in lingua originale sempre precedute da una introduzione critica.


Ingresso

Singolo film: 6€ intero / 5€ ridotto
Abbonamento 8 spettacoli: 28€ intero / 24€ ridotto studenti
Early bird: fino al 15/2 abbonamento in prevendita a 24€ per tutti


Tutti i film della rassegna sono in versione originale con sottotitoli in italiano


PROGRAMMA

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LUNEDÌ 20 FEBBRAIO, ORE 21.00
Rashomon
di A. Kurosawa (Giappone, 1950, 88’, v.o. sott. ita)

“Ogni immagine di questo film reca l’impronta del genio”: con queste parole Michelangelo Antonioni si riferisce a Rashomon, il film che ha fatto scoprire al mondo lo straordinario talento di Akira Kurosawa. L’opera porta in scena con sapienza il dramma della verità e indaga nel profondo della natura umana; lo fa attraverso lo sguardo umanista del regista, che si rifiuta di cedere al cinismo e si ostina a cercare nei personaggi una scintilla di umanità.

Rispetto ai temi trattati in Rashomon, Kurosawa dirà: “L’egocentrismo è un difetto che ci portiamo dietro dalla nascita, è il più difficile da estirpare. Il film è come una misteriosa pergamena, la pergamena dell’io, che si srotola davanti ai nostri occhi”.


LUNEDÌ 27 FEBBRAIO, ORE 20.30
Vivere (Ikiru) di A. Kurosawa (Giappone, 1952, 143’, v.o. sott. ita)

“Burocrati e politici sono la mia bestia nera. Mi fa orrore l’insensibilità, l’ignavia, la stupidità di questa gente. Non capiscono nemmeno quando si fa un film contro di loro, come è accaduto per Vivere. Con queste parole Akira Kurosawa apostrofa la sua quattordicesima opera da regista.

Oltre alla feroce satira della burocrazia, Vivere contiene anche una meravigliosa riflessione sul senso della vita e della morte. Nel risultato finale di questa analisi, che niente concede alla disperazione e al cinismo, a trionfare è ancora una volta lo spirito umanista dell’autore.


LUNEDÌ 20 MARZO, ORE 20.00
I sette samurai (Shichinin no samurai) di A. Kurosawa (Giappone, 1954, 207’, v.o. sott. ita)

“La prima volta che ho visto I sette samurai sono stato sbalordito dalla straordinaria energia che si sprigionava dallo schermo, fu per me uno choc culturale indimenticabile”. Queste le parole con cui George Lucas descrive il suo primo incontro con il film più noto e amato di Akira Kurosawa. L’autore di Star Wars non è il solo ad avere risentito dell’influenza di questo film: riferimenti chiari all’opera si trovano nella filmografia di Peckinpah, di Coppola e di Stuges.

I sette samurai non è solo un capolavoro di cinema epico, nel suo mostrare samurai e contadini lottare fianco a fianco come pari è anche un film estremamente coraggioso e progressista. Questa utopica unione è sintetizzata nel personaggio interpretato dal grande Toshiro Mifune: Kikuchiyo, il picaresco contadino samurai.


LUNEDÌ 27 MARZO, ORE 21.00
Il trono di sangue (Kumonosu-jō) di A. Kurosawa (Giappone, 1957, 110’, v.o. sott. ita)

“L’epoca delle guerre civili è molto simile a quella descritta da Shakespeare, al punto che anche da noi è esistito un personaggio come Macbeth; non mi è stato quindi difficile trasporre il dramma in ambiente giapponese; ho girato il film come se fosse una storia giapponese del XVI secolo”. Con queste parole Kurosawa descrive la sua decisione di utilizzare la nota tragedia shakespeariana Macbeth come base per il suo Il trono di sangue.

L’opera, di fatti, rappresenta uno dei più riusciti incontri cinematografici tra cultura occidentale e orientale. Il dramma del bardo di Avon rifulge all’interno dell’impianto estetico costruito dal regista, che per la sua realizzazione si è ispirato alle forme tradizionali del teatro nipponico.


MARTEDÌ 11 APRILE, ORE 21.00
Anatomia di un rapimento (Tengoku to jigoku) di A. Kurosawa (Giappone, 1963, 143’, v.o. sott. ita)

Anatomia di un rapimento nasce come adattamento del romanzo dello sceneggiatore e giallista statunitense Ed McBain. La spinta di dedicarsi al tema del sequestro di persona nasce però da una vicenda personale. Ai tempi dell’uscita al cinema della pellicola, Akira Kurosawa ha dichiarato: “Mi ero molto interessato al tema dei sequestri di persona dopo che era stato sequestrato un bambino di una famiglia amica”.

Spesso indicato come il più americano dei film di Kurosawa, Anatomia di un rapimento trova invece le basi della sua poetica nella letteratura russa dell’Ottocento e, in particolare, in Delitto e castigo. Del capolavoro di Dostoevskij l’autore nipponico recupera la tensione morale e la questione etica, utilizzandola per costruire un thriller intelligente e attento alla condizione umana dei suoi personaggi.


LUNEDÌ 17 APRILE, ORE 21.00
La sfida del samurai (Yōjinbō) di A. Kurosawa (Giappone, 1961, 110’, v.o. sott. ita)

La sfida del samurai rappresenta il primo capitolo delle avventure cinematografiche dell’iconico samurai senza nome e senza padrone interpretato da Toshiro Mifune. Il film è particolarmente apprezzato dagli ammiratori di Kurosawa per la sua capacità di utilizzare un impianto formale e narrativo estremamente complesso come base per un film d’intrattenimento ritmato e avvincente.

Il film è poi noto per avere fortemente ispirato Sergio Leone, che con Per un pugno di dollari ne realizzerà un remake non dichiarato. Carla Leone, la moglie del regista romano, descrive così il primo incontro del suo consorte con l’opera di Kurosawa: “Ricordo che quando andai con lui a vedere La sfida del samurai, ebbe su due piedi l’idea di trasformarlo in un western. Ne fu così entusiasta che non smetteva di pensarci”.


MARTEDÌ 2 MAGGIO, ORE 21.00
Sanjuro (Tsubaki Sanjūrō)
di A. Kurosawa (Giappone, 1962, 96’, v.o. sott. ita)

Seconda e ultima apparizione cinematografica del ronin senza nome, ancora una volta interpretato da un meraviglioso Toshiro Mifune, Sanjuro è un film più semplice dal punto di vista formale ma, rispetto al suo predecessore, caratterizzato da una maggiore tensione morale. L’opera è innanzitutto un racconto di formazione, che vede il personaggio di Mifune divenire il mentore di nove giovani e inesperti samurai.

Come a voler correggere se stesso, in Sanjuro Kurosawa limita fortemente lo spazio dedicato alla violenza, che era invece abbondantemente presente nel suo predecessore. Quando poi questa è presente, il regista sta bene attento a mostrarne i risvolti più drammatici. Una delle più celebri battute del film afferma che: “Le buone spade debbono rimanere nel fodero. Forse il significato ultimo di questa splendida opera si cela proprio in queste semplici parole.”


MARTEDÌ 16 MAGGIO, ORE 20.30
Kagemusha – L’ombra del guerriero (Kagemusha) 
di A. Kurosawa (Giappone, 1980, 180’, v.o. sott. ita)

Kagemusha – L’ombra del guerriero è un’opera dalla duplice identità: Kurosawa la utilizza per immergersi nel giappone dell’Ottocento e riscrivere la storia del suo paese attraverso l’epica, ma sceglie allo stesso tempo di concentrare il suo sguardo sulla vicenda umana di un povero ladro che, a causa di una incredibile somiglianza, è costretto a prendere l’identità di un defunto signore della guerra.

Commentando l’ambiguità alla base di Kagemusha – L’ombra del guerriero, il rinomato critico americano Roger Ebert ha scritto: “Il film che ha finalmente realizzato è semplice, audace e colorato in superficie, ma molto ponderato. Kurosawa sembra dire che i grandi sforzi umani (in questo caso, le guerre dei samurai) dipendono interamente da un gran numero di uomini che condividono le stesse fantasie o credenze. È del tutto irrilevante, sembra suggerire, che le credenze siano basate o meno sulla realtà: tutto ciò che conta è che gli uomini le accettino”.


LUNEDÌ 22 MAGGIO, ORE 20.30
Ran
di A. Kurosawa (Giappone, 1985, 163’, v.o. sott. ita)

Con Ran Akira Kurosawa torna a confrontarsi con Shakespeare e, nel farlo, realizza una delle opere più complete e affascinanti della sua filmografia. L’ispirazione per il film, oltre che da Re Lear, deriva ancora una volta dalla storia del Giappone e, in particolare, dalla vicenda di Motonari Mori (1497-1571): generale e politico di prim’ordine che ebbe tre figli leggendari. Rispetto alle sue multiple fonti di ispirazione, Kurosawa ha dichiarato: “A un certo punto la storia di Mori e di Lear si sono mescolate nella mia mente. Mentre riscrivevamo numerosi trattamenti non sapevamo più ciò che apparteneva a Shakespeare e alla nostra immaginazione”.

Ran ha riscosso un importante successo internazionale ed è ancora oggi uno delle opere di Kurosawa più amata. Tra i suoi numerosi ammiratori, c’è anche Woody Allen, che l’ha definita: “Il film più bello dell’anno, forse dell’ultimo decennio”


LUNEDÌ 29 MAGGIO, ORE 21.00
Sogni (Yume)
di A. Kurosawa (Giappone, 1990, 120’, v.o. sott. ita)

“I miei ultimi film cercano di parlare in maniera sommessa del cuore dell’uomo: il rispetto (dell’altro della natura), la gentilezza, la comprensione reciproca, la riconoscenza, l’amicizia, l’umanità insomma, sono la cosa più importante dell’uomo. Se sono riuscito a comunicare questi sentimenti sono felice”. Con queste parole Akira Kurosawa descrive l’ultima fase della sua carriera di regista, all’interno della quale realizza anche il meraviglioso Sogni.

Tra l’autobiografia e l’esplorazione artistica, Sogni è un film che si propone di riportare sul grande schermo il mondo onirico attraverso i simboli e le metafore visive. Diviso in otto capitoli, ognuno dedicato a un diverso sogno, il film stupisce per la bellezza delle sue immagini e per l’efficacia della sua estetica allusiva .

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