Sta per iniziare la 17a edizione di France Odeon, festival del cinema francese a Firenze. Un ricchissimo programma di grandi titoli che porterà in città il meglio della filmografia d’oltralpe: anteprime, eventi speciali, omaggi a grandi artisti e artiste e numerosi ospiti che introdurranno i loro film in esclusiva al pubblico fiorentino.
France Odeon è da sempre una fondamentale tessera dello straordinario mosaico chiamato 50 giorni di cinema internazionale di Firenze. Con l’edizione 2025, che si svolgerà al Cinema la Compagnia e all’Institut Français dal 30 ottobre al 2 novembre 2025 (con pre-apertura il 29 ottobre), il festival di cinema francese di Firenze compie 40 anni.
Come sempre, una giuria d’eccellenza attribuirà i premi Foglia d’oro Manetti-Battiloro insieme alla sempre appassionata giuria dei giovani e al pubblico che assegnerà attraverso il proprio voto uno dei premi più ambiti.
In sala mercoledì 29 ottobre alla pre-apetura con due documentari d’eccezione Louis Malle, le révolté di Claire Duguet e con Charles Pathé et Léon Gaumont, premiers géants du cinéma di Emmanuelle Nobécourt e Gaëlle Royer, per festeggiare insieme i 130 anni dalla nascita del cinema.
PROGRAMMA
mercoledì 29 ottobre – pre-apertura
19.00 – Louis Malle, le révolté di Claire Duguet – (Francia, 2025, ’60) v.o. sott. ita
Pur appartenendo a una delle dieci famiglie più ricche di Francia, in casa Louis non fu mai incoraggiato a intraprendere la strada del cinema. Quando la madre, imprenditrice e monopolista della produzione di zucchero, seppe che voleva diventare regista, gli mollò uno sganassone. Forse anche per questo, ogni suo lavoro fu una sfida. Fin da quando, improvvisandosi operatore subacqueo, si imbarcò nel 1955 sulla Calypso di Jacques Cousteau, che lo ricompensò per la sua dedizione e passione con la co-regia de Il mondo del silenzio, il prototipo di tutti i documentari marini, vincitore anche di un Oscar. Un’altra sfida fu Ascensore per il patibolo, elegante prototipo del noir d’autore, con la musica di Miles Davis, improvvisata con la tromba in una sola sessione di registrazione durante la proiezione del film. E poi Les amants, film scandaloso per l’epoca, che contiene una delle scene più sensuali della storia del cinema. Queste e molte altre scoperte emergono ascoltando la voce dello stesso Louis Malle, registrata in epoche diverse e selezionata dalla regista Claire Duguet per questo accurato documentario. Un lavoro che richiama alla memoria la ricca e significativa retrospettiva curata da Aldo Tassone al Festival del cinema francese di Firenze nel 2007.
20:30 – Les pétroleuses di Christian Jaque – (Francia, Spagna, Italia, Regno Unito, 1972, ’94) v.o. sott. ita
Enrico Castaldi, presidente di France Odeon, interviene con un ricordo personale su Claudia Cardinale
Ci sono B-movie che, rivisti dopo molto tempo, “salgono di categoria” e, pur senza trasformarsi in veri e propri A-movie, sorprendono, lasciando emergere aspetti di originalità e libertà creativa che erano sfuggiti al momento della loro uscita. Ambientare un western in un villaggio francofono del Far West, dove lo sceriffo yankee è costretto a studiare il francese sul vocabolario per comunicare con la popolazione, e soprattutto immaginare una struttura sociale in cui le pistolere sono donne che sottomettono cow-boy rappresentati come inutili ebeti, sono i due geniali punti di forza e di modernità di Les pétroleuses di Christian-Jaque del 1971. A tutto questo si aggiungono le due straordinarie protagoniste – Claudia Cardinale e Brigitte Bardot – esuberanti, magnetiche e perfettamente complementari. Non si può allora che ripensare al modo aleatorio con il quale si sono compiute riduttive classificazioni. E a poco più di un mese dalla scomparsa di Claudia Cardinale, vera trait d’union tra il cinema italiano e quello francese, ci piace riproporre e “rivalutare” questo titolo per ricordarla allegramente. Un’opera che trasmette tutta l’intelligenza, sensualità e ironia dell’attrice del Gattopardo. Un inno cinematografico alla spensieratezza e alla gioia di vivere che comprende anche piacere di sedersi in una sala buia per trascorrere 90 minuti di puro divertimento.
Giovedì 30 ottobre
Palazzo Medici Riccardi – Sala Giordano
17.00 – Presentazione libro Carnets d’Ukraine di Michel Hazanavicius
Interviene l’autore
“Nulla mi obbligava ad andarci. Tutto è partito dalla proposta di un amico ucraino, Kolya, cantante famoso oggi arruolato nell’esercito. È stato lui a chiedermi di incontrare coloro che combattono, lì dove combattono. L’idea di dare voce agli uomini e alle donne in guerra era nata. Ho risposto: sì.” Dopo aver ascoltato queste parole di Michel Hazanavicius, riportate anche nell’introduzione a Carnets d’Ukraine, ci è sembrato necessario e doveroso che il libro arrivasse fosse presentato anche in Italia. Non solo per il suo valore civile e politico, intrecciato alla forza espressiva dei suoi intensi disegni, ma anche per la gratitudine che dobbiamo a un autore che, d’un tratto, decide di abbandonare le certezze della propria vita parigina – privilegiata, circondata dai suoi quattro figli e da una donna meravigliosa – per mettersi in gioco e partire verso la linea del fronte nel Donbass. Il legame tra Michel Hazanavicius e France Odeon è solido e di lunga data: non abbiamo esitato un istante a invitarlo, e con la stessa urgenza lui ha accettato di venire a parlarne per la prima volta a Firenze.
18.45 – Inaugurazione con l’ambasciatore di Francia Martin Briens presentazione della giuria: Antonio Piazza, Celeste Dalla Porta, Colapesce
A seguire – La venue de l’avenir di Cédric Klapisch – (Francia, 2025, ‘126) v.o. sott. ita
Solo una mente poliedrica, come quella del pluripremiato regista Cédric Klapisch, poteva dar vita a una trama tanto esilarante quanto profonda come quella di La venue de l’avenir. Partendo dalle semplici vite di quattro perfetti sconosciuti che, da un giorno all’altro, scoprono di essere imparentati e comproprietari di un’eredità condivisa. Con questo espediente narrativo veniamo immediatamente assorbiti dal flusso di una storia dai tratti rocamboleschi, dove ad intrecciarsi non sono più solo gli alberi genealogici dei protagonisti. Ma a sovrapporsi convulsamente, trascinandoci da una Parigi cosmopolita e contemporanea a una Francia di fine Ottocento in pieno fermento, sono le epoche storiche. Trasognati, ripercorriamo allora i primi passi fatti dalla fotografia, riscopriamo i colori cangianti delle tele impressioniste, mentre si rivelano sempre più evidenti i parallelismi tra passato e presente, di una storia che sembra ripetersi come in un gioco di specchi. Klapisch, da abile burattinaio, tira le fila di tutti questi destini incrociati che orbitano attorno alla figura di Adèle. Ragazza appena ventenne orfana di padre, interpretata da una promettente Suzanne Lindon, che specularmente alla sua controparte maschile del presente, Seb (Abraham Wapler), troverà il coraggio di fronteggiare il proprio passato riscoprendo la sua identità attraverso le sue origini.
21.30 – Vie privée di Rebecca Zlotowski – (Francia, 2025, ‘105) v.o. sott. ita e ing
Chi non ha mai immaginato, almeno una volta, di poter sbirciare all’interno della vita intima del proprio analista. Di attraversare quella soglia di tutela invisibile che si crea tra paziente e professionista. Di scoprire cosa accade un po’ più in là, oltre le mura di uno studio, alla persona a cui abbiamo deciso di affidare il nostro io più intimo. Ma Lilian Steiner (Jodie Foster), nota psichiatra parigina, è una donna algida e imperscrutabile che niente sembra scalfire, nemmeno l’inaspettato suicidio di Paula (Virginie Efira), una sua paziente di lunga data. Ma sarà proprio l’improbabilità di questo evento irreversibile a scatenare in lei i primi sospetti di un omicidio e il lacerante dubbio di non aver saputo cogliere un tacito grido d’aiuto. Ci troviamo così sempre più invischiati nelle trame di un delitto senza assassino, che sembra avere il potere di rimettere in discussione tutti i rapporti della vita privata di Lilian. Toccando corde ancestrali che riusciranno a far scendere lacrime autentiche dai profondi occhi glauchi di un’espressiva Foster, in un intreccio di vite in cui si confonderanno i confini tra colpevolezza e responsabilità.
Venerdì 31 ottobre
11.15 – Convegno: I.A. generativa: etica e legalità per uno sviluppo sostenibile
Intervengono: Matteo Fedeli (SIAE), Pascal Rogard (SACD), Michel Hazanavicius (regista), Juana Torres (INRIA)
Modera: Francesco Ranieri Martinotti
France Odeon ospita per il terzo anno consecutivo il convegno dedicato al rapporto tra creatività, diritto d’autore e intelligenza artificiale, organizzato da Murmuris con la collaborazione di SIAE e SACD. Dopo aver affrontato in passato le questioni giuridiche e normative, l’incontro di quest’anno amplia la riflessione agli aspetti etici e filosofici, interrogandosi su chi definisca i valori e i criteri che guidano gli algoritmi; su come venga garantito il rispetto delle diversità culturali, religiose e di genere, e su quali principi si regoli la selezione delle opere utilizzate per il machine learning. Un altro tema centrale sarà l’impatto del I.A. Act, entrato in vigore nell’agosto 2024, e le sue conseguenze sulla tutela del lavoro creativo e dei diritti degli autori nell’era delle tecnologie generative. Tra i relatori figurano Matteo Fedeli (direttore generale SIAE) e Pascal Rogard (direttore generale SACD), insieme ad altri esperti del settore, chiamati a confrontarsi su come trovare un equilibrio tra innovazione e legalità. Per accompagnare il convegno sarà presentato in anteprima Dalloway di Yann Gozlan, presentato al Festival di Cannes. Il film, ambientato in un futuro prossimo, racconta la storia di Clarissa invitata a scrivere il suo nuovo romanzo in una residenza per artisti, finanziata da un colosso dell’I.A. generativa. Il film richiama i temi del convegno, interrogandosi sui limiti e le potenzialità del rapporto tra arte e intelligenza artificiale.
17.00 – Dans la cuisine des Nguyen di Stéphane Ly-Cuong – (Francia, 2024, ’99) v.o. sott. ita
Alla presenza del regista
La famiglia Nguyen in fuga dalla povertà del Vietnam, si è stabilizzata in Francia ormai da parecchi anni, dove hanno dato alla luce la loro unica figlia. Yvonne Nguyen (Clotilde Chevalier), nata dall’incontro di due culture (come lo stesso regista, Stéphane Ly-Cuong), ormai con l’età per essere una donna in carriera, cerca ancora di farsi spazio nel mondo. È però combattuta tra il sogno di diventare una stella del Musical e le aspettative dell’anziana madre che la vorrebbe medico di famiglia. Obbligandola a sporcarsi le mani tra pentole e padelle del ristorante etnico di loro proprietà, pur di sviarla dalle vie dello spettacolo. E in questa spasmodica ricerca dell’io, Yvonne e la madre si vedranno per la prima volta come non si erano mai viste, rinsaldando un legame che le differenze dell’essere avevano esacerbato. Sullo sfondo, invece, una Parigi che si crede libera ma che fatica ancora ad accorgersi dei propri stereotipi esotici, eredità di un immaginario coloniale più coriaceo di quello che sembra, che impedisce di cogliere il razzismo che si annida nella curiosità, apparentemente innocua, della domanda: “Da dove vieni?”.
19.00 – Les filles désir di Prïncia Car – (Francia, 2025, ’93) v.o. sott. ita
Alla presenza della regista
Non è la prima volta che da un laboratorio teatrale scaturisce un’opera cinematografica di rilievo. Ricordiamo ancora la potenza di Cesare non deve morire dei fratelli Taviani, premiato con l’orso d’oro a Berlino nel 2012. Attraverso il suo laboratorio nella periferia nord di Marsiglia, la regista Pr?ncia Car restituisce dignità e spazio di autorappresentazione a coloro che non ne hanno mai avuti. Così incontriamo Omar che ha appena preso in gestione il centro estivo nel quale è cresciuto, tra bande rivali in lotta per il controllo della zona. Omar è un capo autorevole, ed è sostenuto da tutti quei ragazzi che, come lui, hanno eletto quel centro a teatro della loro infanzia. Ogni cosa sembra procedere a gonfie vele e anche il matrimonio con la diciassettenne Yasmine è ormai alle porte. Sarà il ritorno inaspettato di Carmen, amica d’infanzia dal vissuto turbolento, a rompere gli equilibri, a svelare i subdoli meccanismi che incatenano le donne a destini già scritti per loro da altri. E con spontaneità travolgente, i ragazzi di questo straordinario laboratorio teatrale, che li hai portati addirittura sulla Croisette, ci insegnano a riconoscere quella mentalità patriarcale che, invisibile, cammina a fianco di tutti coloro che non sanno sospendere la propria cecità.
21.00 – Dalloway di Yann Gozlan – (Francia, 2025, ‘110) v.o. sott. ita
Clarissa (Cécile de France) è una scrittrice affermata, ospite di una fondazione che sviluppa sistemi di Intelligenza artificiale per artisti e che pubblicherà il suo prossimo romanzo. Isolata, in un residence di lusso in cui trovano alloggio solo le menti più brillanti del panorama artistico internazionale, Clarissa, come pronosticava Virginia Woolf, si illude di poter superare nella solitudine idilliaca, lo scoglio della pagina bianca. Di poter sublimare, attraverso il racconto degli ultimi istanti di vita della più nota scrittrice britannica, l’esperienza traumatica della perdita del figlio suicida. Al suo fianco nel suo percorso di scrittura la segue costantemente Dalloway, occhio, voce e pensiero dell’I.A che la fondazione le ha messo a disposizione per farle superare ogni “impasse” creativa e per migliorare le sue performance autoriali. Nella sua torre d’avorio computerizzata, l’autrice vive lontana dalle distrazioni di una Parigi avveniristica e maniacale, metropoli sempre più inibita dalle restrizioni di una nuova epidemia e dal controllo esercitato dalla robotica. Una magnetica Cécile de France ci conduce inevitabilmente dentro le trame insidiose di un thriller psicologico che tiene col fiato sospeso e lascia aperto il dibattito sui confini e limiti dell’intelligenza artificiale.
Sabato 1 novembre
11.00 – Marcel et Monsieur Pagnol di Sylvain Chomet – (Francia, 2025, ’90) v.o. sott. ita
Alla presenza di Stefano Bollani, autore della colonna sonora. Introduce il critico Marco Luceri
Nella nostra selezione in occasione dei quarant’anni del Festival del Cinema Francese di Firenze non poteva mancare un’opera rappresentativa di uno dei generi più significativi del grande mosaico della cinematografia francese: l’animazione. Il suo portabandiera, Sylvain Chomet, ha scelto di raccontare la storia di uno degli scrittori più amati di Francia, Marcel Pagnol. Nato nel 1895, nello stesso anno del cinematografo, l’autore di Marius, Fanny e César avrebbe compiuto quest’anno 130 anni. Chomet gli rende omaggio con un film destinato tanto agli adulti, che conoscono già le sue opere, quanto ai più piccoli, che attraverso Marcel et Monsieur Pagnol possono iniziare a scoprirlo e ad amarlo. Il racconto prende avvio dalla proposta che Hélène Lazareff, fondatrice del periodico Elle, rivolge a Pagnol: scrivere le proprie memorie. Così, ritrovando il bambino che è stato, il sessantenne Pagnol ci fa rivivere gli episodi più importanti della sua infanzia e della sua carriera di artista. Ancora una volta Chomet ci invita a immergerci nel suo inconfondibile universo visivo, che abbiamo imparato ad apprezzare con Les Triplettes de Belleville, arricchito qui dalla straordinaria colonna sonora composta da Stefano Bollani.
16.00 – L’inconnu de la Grande Arche di Stéphane Demoustier – (Francia, 2025, ‘106) v.o. sott. ita e ing
Intervengono gli architetti Massimiliano Fuksas e Valerio Barberis
C’è un cubo laggiù che da qualche tempo si erge sulla linea dell’orizzonte della città tentacolare.
C’è un cubo laggiù dove l’occhio si perde nel vuoto e dove i capricci del cielo si riflettono sul bianco marmo. È l’Arco della Défense. Dell’architetto che lo ha ideato non si sa più delle lettere che compongono il suo nome: Otto Von Spreckelsen. Un forestiero dicono, un professore, un “inconnu”. Ed è così che il regista Stéphane Demoustier, sulla scia del libro di Laurence Cossé La Grande Arche, racconta della straordinaria impresa del danese che vinse il concorso internazionale, lanciato nel 1983 dal presidente Mitterrand, per la costruzione di un monumento simbolo del nuovo quartiere parigino dedicato all’economia. Ad interpretare Von Spreckelsen un sottile Claes Bang, già protagonista per Ruben Östlund in The Square, vincitore Palma d’oro a Cannes, che con eleganza riesce a restituirci l’immagine di un uomo visionario alle prese con le terrene insidie della politica francese di quegli anni. E dalle nostre sedie di spettatori siamo chiamati a chiederci se sia più l’ambizione o la vocazione a spingere l’uomo alle grandi imprese. Dove giace il confine labile tra cecità e visione e quando sia giusto cedere il passo ai limiti che la condizione umana ci impone. C’è un cubo laggiù, che ci ricorda che siamo tutti sconosciuti davanti all’infinito della storia umana.
18.45 – C’est quoi l’amour? di Fabien Gorgeart – (Francia, 2025, ’98) v.o. sott. ita e ing
Alla presenza del regista e di Laure Calamy
Marguerite (Laure Calamy) si è risposata e vive serenamente con Sofiane (Lyes Salem) e la figlia avuta dal suo ex marito, Fred (Vincent Macaigne). Un giorno, Fred – con cui è rimasta in buoni rapporti – le chiede aiuto per ottenere l’annullamento religioso del loro matrimonio: la sua nuova compagna, la devota Chloé (Mélanie Thierry), nipote di un alto prelato, desidera sposarsi in chiesa a tutti i costi. Ha così inizio un iter tanto complesso quanto surreale davanti al tribunale ecclesiastico, nel corso del quale Marguerite, su consiglio dell’avvocato di Fred, è spinta a inventare e dichiarare all’“inquisitore” improbabili particolari sulla loro vita coniugale, pur di ottenere il sospirato annullamento. Dopo il rigetto in primo grado, Fred la coinvolge in un viaggio a Roma – insieme a Sofiane, alle rispettive figlie e Chloé e – per il ricorso in appello davanti alla Sacra Rota. Marguerite accoglierà, con sorprendente ottimismo, ogni nuova e paradossale richiesta, spinta dal profondo affetto che ancora nutre per Fred… o forse dai sentimenti sopiti che tornano lentamente a riaffiorare. Con il suo sorriso luminoso e la consueta energia, Laure Calamy ci accompagna in questo viaggio alla scoperta di cosa sia davvero l’amore – senza la certezza che una risposta esista.
21.15 – Nouvelle Vague di Richard Linklater – (Francia, 2025, ‘106) v.o. sott. ita e ing
Se quasi nessuno salvo Ettore Scola con il suo personale Che strano chiamarsi Federico, ha sentito la necessità di portare sul grande schermo la vita di Fellini, regolarmente invece Godard è celebrato all’estero e in patria. Eppure Fellini è stato altrettanto innovatore nel linguaggio cinematografico. Nel 2017 è stato Michel Hazanavicius con Le Redoutable giocando, ironizzando, decostruendo il linguaggio godardiano. Con Nouvelle Vague, Linklater, sceglie la via dell’omaggio puro e restituisce con cura e effetto la lavorazione di À bout de souffle, con cura e affetto realizzando una dichiarazione d’amore non solo a Godart ma all’intera stagione della Nouvelle Vague. Da Truffaut a Chabrol, Rivette, Rohmer, Varda… e a tutti coloro che hanno contribuito a quel momento irripetibile della storia del cinema francese. Il risultato è una perfetta ricostruzione: un cast di bravissimi attori, sosia o quasi degli originali; una fotografia che rievoca in modo impeccabile lo stile visivo della Nouvelle Vague; e una miriade di aneddoti, noti e meno noti, che è comunque un piacere ritrovare, inanellati in una narrazione che ha l’aspetto del documentario ma resta, in fondo, pura finzione. Un film per chi ama il cinema e la sua storia, ma anche — e soprattutto — per chi non ne sa nulla: perché in Nouvelle Vague di Linklater si respira la meraviglia di chi scopre per la prima volta la magia del fare cinema.
Domenica 2 novembre
11.00 – Scritture – Le Mage du Kremlin: dal romanzo al film di Emmanuel Carrère e Olivier Assayas
Incontro con Emmanuel Carrère e Olivier Assayas. Modera: Ritanna Armeni
Presentato alla 82esima mostra di Venezia Le Mage du Kremlin di Olivier Assayas è tratto dall’omonimo romanzo di Giuliano Da Empoli e sceneggiato dallo stesso regista insieme a Emmanuel Carrère.
Un incontro che ragiona su come tre diverse scritture possano trasformare l’idea in parola e immagine.
15.00 – Grand Ciel di Akihiro Hata – (Francia, Lussenburgo, 2025, ’91) v.o. sott. ita
4 morti, 3 feriti e un disperso, recita Il bollettino dell’enorme tragedia fiorentina consumatasi nel cantiere Esselunga, a febbraio 2024. Quanto vale una vita umana? Sembra chiederselo anche il regista Akihiro Hata, con questo primo film, ispirato al caso di un operaio francese trovato morto sul posto di lavoro. Entriamo così in una realtà per noi lontana, ma costantemente sotto i nostri occhi, una realtà davanti alla quale siamo passanti indifferenti: quella di un cantiere e delle anime che lo vivono. Dove i lavoratori sono numeri intercambiabili, la sicurezza conta poco o nulla e risparmiare sulla manodopera è la prima regola. Come colonna sonora solo i suoni frastornanti degli arnesi di lavoro, che svelano le condizioni infime e precarie in cui Vincent (Damien Bonnard) e gli altri suoi colleghi operai sono costretti a lavorare ogni giorno. Bonnard, con un’interpretazione potente, porta a galla le preoccupazioni di Vincent, schiacciato dalla responsabilità di una famiglia a suo carico e il senso di colpa nel ricoprire l’ambigua posizione di supervisore, a scapito dei suoi colleghi, allarmati dalle inspiegabili e ripetute scomparse di operai che lasciano supporre incidenti non denunciati. Grand Ciel non è allora solo la storia di un cantiere, ma è la storia di tutti i cantieri dove le vite umane diventano sacrificabili davanti alla spietata legge del guadagno.
A seguire – Cerimonia di chiusura Consegna dei premi Foglia d’Oro – Manetti Battiloro. Assegnati dalla giuria
18.00 – Le Mage du Kremlin di Olivier Assayas – (Francia, 2025, ‘156) v.o. sott. ita
Alla presenza del regista, dello sceneggiatore Emmanuel Carrère e del produttore Olivier Delbosc
C’è anche un po’ di Firenze ne Le Mage du Kremlin, non solo perché la radiografia del potere e delle sue trame, nella Russia di Eltsin e del nascente Putin, rimanda inevitabilmente a Machiavelli, ma anche per la genesi stessa della storia: il film nasce infatti dal romanzo omonimo di Giuliano da Empoli, già assessore alla cultura a Palazzo Vecchio, scritto in francese e divenuto un sorprendente bestseller della narrativa d’oltralpe nel 2022. L’intreccio storico e politico non poteva sfuggire a Olivier Assayas, che aveva già esplorato le degenerazioni della lotta di potere in Demonlover. Per affrontare la complessità del tema, l’ambientazione e il periodo storico, nella scrittura della sceneggiatura Assayas si è avvalso della collaborazione di un grande della letteratura contemporanea, Emmanuel Carrère. Il film, interpretato da uno straordinario Paul Dano nel ruolo di Vladimir Putin e un superlativo Jude Law in quello del suo fidato consigliere, Vladislav Sourkov, è un thriller affascinante che traduce con rigore la profondità e la complessità del romanzo. E rivela i meccanismi del potere e le derive del panorama geopolitico contemporaneo, offrendo una riflessione acuta e penetrante su vicende che affondano le radici nel passato, ma che arrivano drammaticamente fino ai nostri giorni, con la guerra in Ucraina.
21.00 – On ira di Enya Baroux – (Francia, 2025, ’97) v.o. sott. ita
Marie (Hélène Vincent) ha ottant’anni e ha deciso di farla finta. Vorrebbe solo trascorrere, in totale spensieratezza, gli ultimi giorni di vita assieme alla sua famiglia. Se solo la famiglia lo sapesse. Ma, inibita dalla possibilità di un rifiuto, allestisce tutto un teatrino di menzogne tale per cui il figlio Bruno e la nipotina Anna, inconsapevoli di tutto, accetteranno di partire per la Svizzera con lei e un improbabile operatore sanitario (Pierre Lottin) con la sindrome dell’impostore. Ognuno all’inseguimento del proprio tornaconto personale e ignari che questi istanti, fatti di incomprensioni, ritrovamenti, abbracci e caldi sorrisi, saranno gli ultimi in compagnia di Marie. Con l’inesorabilità dei destini già scritti, la giovanissima regista Enya Baroux, in maniera mai scontata, ci porta lungo le tappe di questo percorso che ha come meta finale la morte. In un connubio perfetto tra leggerezza e sentimento, tra lacrime trattenute e sorrisi accennati, accompagnandoci con la cura di chi ti porta per mano. E come solo nelle migliori storie accade, tutti i rapporti troveranno il loro incastro come pezzi di un puzzle, portandoci a cogliere tutte le sfumature di una scelta che si fa emblema della dignità umana.