Il film definitivo di Werner Herzog torna in sala in versione restaurata: grandioso, eccessivo, costantemente sopra le righe, titanico e totale.
Nel Perù di inizio Novecento un imprenditore irlandese del caucciù, matto e melomane, si mette in testa un’idea meravigliosa e folle: costruire un teatro d’opera nella foresta amazzonica per portarci il suo idolo Enrico Caruso.
Opera culmine del cinema di Herzog, Fitzcarraldo, a più di quarant’anni dalla sua nascita, colpisce oggi per la grandiosità dell’impianto visivo e la potenza della messa in scena. Se è vero che tra tutti i film del cineasta tedesco questa potrebbe apparire sulla carta la più lineare e “scontata” delle sue produzioni, non si può negare come sia anche quella più memorabile e decadente. Ciò che lo spettatore ha di fronte, è forse l’ultimo anelito di una concezione del cinema d’autore, maestosa e “sprecona”, che fa dell’eccesso produttivo la sua cifra stilistica distintiva.
Quello che oggi verrebbe semplicemente risolto con il computer o gli effetti digitali e che ieri veniva al più realizzato con l’ausilio di modellini, Herzog lo vuole nella realtà quasi fosse alla ricerca di immagini “non consunte” dalla globalizzazione, capaci di trasudare sangue e fango, lacrime e sudore. Ma al di là di tutto ciò, in Fitzcarraldo culmina anche il desiderio sincero del regista di concludere un discorso già iniziato e portato avanti nelle sue opere precedenti. Un discorso che parla della capacità del “diverso” ad obbligarci a comprendere noi stessi. Perché nella visione quasi ”nietzschiana” di Herzog quando noi guardiamo in quell’abisso che è lo sguardo degli altri, è l’abisso che guarda in noi e ci disvela la verità.
REGIA: Werner Herzog
ANNO: 1982
PAESE: Germania
DURATA: 158 min
INGRESSO: dal 21 al 25 settembre biglietto unico 3,50€ grazie all’iniziativaCinema in Festa
in lingua originale con sottotitoli in italiano